Lisbona, i 500 anni del Bairro Alto
Il 15 dicembre 1553 i Gesuiti si insediarono sulla collina di Lisbona. Da allora, un simbolo di melting pot sociale e culturale
Cinquecento anni domenica prossima. Il simbolo di Lisbona compie mezzo millennio. Nato come quartiere urbano dal momento in cui i Gesuiti che vi si stabilirono - il primo loro insediamento, appunto, è certificato nel giorno 15 dicembre 1553 - è un pezzo importantissimo della storia e dell'anima della capitale portoghese, con i suoi alti e i suoi bassi. Su tutti, la distruzione del famigerato terremoto del 1755: quello che vediamo oggi, infatti, non è l'originale, ma la versione del 18mo secolo.
Creato in una forma finalizzata a monetizzare lo spazio - le abitazioni costruite in serie, con il modulo base equivalente a un chão, letteralmente terra, unità di misura medievale che equivale grossomodo a un'estensione di 6,6 metri per 13,2 e i "lotti" che venivano dati in affitto a moduli in misura proporzionale al reddito dei contraenti. Il nome originale era Bairro Alto do Sãao Roque, quartiere alto dedicato al santo protettore dalla peste.
Risultato, l'area, allora nota come Vila Nova de Andrade, finì trasformarsi in un melting pot sia dal punto di vista architettonico che da quello culturale, con edifici piccoli sino a mezzo modulo e i grandi palazzi dell'aristocrazia, grandi fino a 12 moduli, uno vicino, quasi addosso, all'altro. Un quartiere florido, complici anche la posizione sopra il porto della città e la vitalità da potenza coloniale del Portogallo, almeno fino al micidiale terremoto, che rase al suolo buona parte della città. Con la ricostruzione, le grandi arterie originarie - le vie della Misericordia, del Secolo e la strada del Combro lasciarono spazio a nuovi grandi palazzi nello stile portoghese del tempo (Pombalino), che crearono una vera e propria barriera.
Nei tre secoli e mezzo seguenti, una continua altalena di alti e bassi. Prima l'abbandono progressivo delle case patrizie, e un degrado passato attraverso vari stadi fino al decadimento finale a sorta di Pigalle lisbonitana, con annesse case di tolleranza. Ma in quel mix di architetture e di stili il quartiere alto poteva simultaneamente ospitare attività illegali e produzione intellettuale. Le case editrici e i giornali dell'Ottocento e le annesse tipografie a piombo trovarono in quei moduli la forma perfetta per la loro particolare attività produttiva: è la Lisbona bohemienne, quella di Pessoa, quella a cavallo dell'Ottocento e del Novecento. Con il nuovo impulso produttivo arrivarono taverne, trattorie tradizionali, ma la stessa prostituzione finì per sopravvivere, e in qualche caso riciclarsi sotto forma di industria del cinema a luci rosse.
Nel 1980, la felice intuizione di Manuel Reis, che trasforma un forno nel nightclub Fragile. Il locale diventa il più "di tendenza" della città e attira un movimento di intellettuali e creativi capace di dare nuovo lustro all'area. L'offerta di servizi e di ospitalità si adegua ancora una volta. Il fenomeno, via via, si "democratizza", meno intellettuale, più di massa e turistico, tanto che molti abitanti locali oggi sostengono che ne avrebbero fatto volentieri a meno.
Il risultato pratico, però è di indubbio fascino. Anche perché, 500 anni dopo la sua nascita, pur nelle sue infinite trasformazioni, il Bairro Alto è identico, nello spirito, all'originale: un mix di palazzi patrizi e case umili, un crogiolo di culture, strati sociali, e ancor più che in passato etnie. Una vista imperdibile per qualunque ospite di Lisbona, con i suoi tram, l'ascensore panoramico, la vista sul mare e quella sull'Alfama, dal lato opposto della Praca do Comercio. Un patchwork che si preannuncia imperdibile, in questi giorni di festeggiamento. In una città dove il Natale non ha mai vissuto il peggiore degrado, quello dello shopping di massa rumoroso e pacchiano, dove il clima (pioggia permettendo) è mite anche nei giorni del solstizio d'inverno), un jolly molto interessante da giocare.
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