Myanmar, viaggio nell'oriente più slow


Da Yangon a Bagan fino a Mandalay e alla Golden Rock, alla scoperta del Paese di Aung San Suu Kyi. Dove tutto è ancora magico e intatto, come nell'800



L'immagine di Barack Obama, scalzo come un devoto buddista, in visita nel Myanmar ha fatto il giro del globo. Simbolo dei grandi cambiamenti avvenuti in un lampo (solo due anni) nell'Oriente più slow, dove  interi villaggi si spostano per le feste del Plenilunio su carretti trainati da buoi e dove i cellulari internazionali non funzionano. Dopo mezzo secolo di giunta militare, sono arrivate le elezioni, la liberazione della Lady, Aung San Suu Kyi, e la sua conquista di un seggio in Parlamento. Via le sanzioni, via l'embargo (armi a parte), ora il Myanmar si apre al mondo, attirando turisti e tycoon.

Yangon è uno stop d'obbligo, ma piacevole, all'inizio e alla  fine del viaggio. Le attrazioni fatali? La pagoda Shwedagon e il Bogyoke Market, volte vittoriane e 1800 botteghe, una caccia al tesoro fra scampoli di cotone, bottoni e posate di madreperla, lacche e borse etnochic (indirizzo sicuro al mercato, Sandar, 115 Main Road). Per comprare rubini senza rischi si va da Ves o da Manawmaya, che rilascia certificati di autenticità (527 New University Avenue). A pranzo ci si ferma da House of Memories, mansion coloniale frequentato da birmani ed europei curiosi di pranzare nel giardino su cui si affacciava l'ufficio di Bogyoke Aung San, eroe della libertà dal colonialismo e padre della Lady (290 U Wisara Road). In alternativa si va da Monsoon per la cucina asiatica, una mostra fotografica o per comprare artigianato (85-87 Thinbyu Road, Botataung Township). Curry di carne e pesce è nel menu dei giovani chef birmani alla Maison 20, una casa coloniale (20 Kabaraye Pagoda Road), come lo è ilPadonmar, ristorante dell'anno 2012 (105-107 Kha-Yae Bin Road. Nel giardino di Le Planteur, palazzetto coloniale in mattoni rossi con boutique del cioccolato, hanno cenato Mick Jagger, il presidente svizzero, l'ex principe di Cambogia. Lo chef è Felix Eppisser, stella Michelin al Rigiblick di Zurigo (22 Kaba Aye Pagoda Road).

Il viaggio nel Myanmar continua in luoghi da romanzo di George Orwell (Giorni in Birmania, 1934). Soprattutto se si sceglie una deviazione a Kyaiktiyo per la Golden Rock, la Roccia d'Oro, luogo sacro del buddismo. È un masso di 25 metri ricoperto di foglie d'oro, in bilico miracoloso su una roccia grazie, secondo la leggenda, a un capello di Buddha portato in dono al re da un eremita (XI sec.). Il precario equilibrio tra le due rocce stupisce anche il più laico dei viaggiatori. Che non si può sottrarre all'incanto della sera, quando la Golden Rock brilla nel buio, e le candele accese dai pellegrini illuminano l'oscurità viola di queste montagne. Consigliabile nel tragitto una tappa anche a Bago, 80 chilometri a nord di Yangon, capitale dei re Mon dal 1287 al 1539. Non c'è traccia della gloria passata in questa cittadina, ma vale una sosta per l'incredibile Shwethalyaung Buddha, lungo 55 metri e alto 16 (un mignolo misura 3 m).
Tiziano Terzani consacrò Bagan "come uno di quei luoghi che ti rende  fiero della razza umana". Si condivide l'entusiasmo dello scrittore quando l'aereo, atterrando, sorvola guglie e cupole delle 2200 pagode e stupa (zeidi) d'arenaria che spuntano da 40 chilometri quadrati di vegetazione. Per visitarla, il consiglio è di scegliere tempi davvero slow, intrufolarsi anche nei templi meno visitati. Da non perdere la saga delle Jataka Tales (vite del Bodhisattva), scolpite nelle 561 piastrelle della Mingalazedi Paya, o immortalate negli affreschi del Gubyaukgyi (del 1113). Si ammirano le pitture sopravvissute al saccheggio di un collezionista tedesco nel 1899, al Wetkyi-in Gubyaukgyi, o i disegni kashmir su residui di stoffa (XII sec.) nel tempietto numero 1845; o le nudità di  figure femminili che cercano di sedurre il Buddha in meditazione (Nandamanya Patho, XIII sec.). Trattative di mercanti portoghesi e scene di vita laica sbiadiscono sulle pareti dell'Ananda Ok Kyaung (XVIII sec.).
Ma la vita quotidiana, quella vera, irrompe nei corridoi umbratili all'Ananda Patho, il tempio principale (XI sec.), con il viavai di pellegrini, i venditori di  fiori e foglie d'oro devozionali, i monaci proni in preghiera. Due indirizzi validi per comprare ciotole, vassoi, scatole di alta qualità sono Art Gallery of Bagan (Mya Zade Road, Myin Ka Par Village) e The Lotus Collection, piccola bottega familiare con pezzi dal design occidentale e inserti di madreperla (K7, Khayay Road). Si può pranzare al Sunset Riverside Restaurant (Myothit River Side, Nyaung Oo), turistico, ma con una bella terrazza sul  fiume e le sue isole di sabbia, o approfittare della calma meridiana del Nanda (Main Road; 9-22), ordinando gamberi di  fiume con julienne di limoni e stufato alle arachidi. L'alternativa è noleggiare un calesse, girovagare fra le pagode, farsi portare al Natalaung Kyaung, unico tempio hindu di Bagan costruito per i mercanti indiani al servizio del re, raggiungere stupa sfarinati dall'incuria, ridotti a tumuli vista  fiume, e aspettare qui il calar del sole. In solitudine.



Mandalay, poco più di 150 anni di vita è una città caotica, eppure crocevia di luoghi imperdibili. Si può visitare la candida Kuthodaw Paya che i buddisti considerano il più grande libro del mondo per le 729 lastre in marmo incise con le scritture sacre del Tripitaka. Un colpo di fortuna è capitare nella Mahamuni Paya per le celebrazioni dei novizi, con i ragazzini vestiti a festa che sfoggiano turbanti e abiti color caramella. Il tempio è venerato per la statua del Buddha, ormai irriconoscibile perché deformata dai 15 centimetri di foglie d'oro applicate dai fedeli. A 11 chilometri a sud di Mandalay, le rovine di Amarapura, ultima capitale del regno, calamitano meno visitatori della passeggiata sul ponte U'bein, lungo 1,2 chilometri e costruito con più di mille tronchi di tek sul Lago Taungthaman.


Da Mandalay si può volare sul Lago Inle che (a 920 m) si incunea per 22 chilometri fra due catene montuose che raggiungono i 1500 metri. Un mondo d'acqua con un unico mezzo di trasporto, le lance a motore. In primavera i primi spruzzi di pioggia fanno fiorire ninfee e gigli d'acqua, e si naviga sfiorando giardini galleggianti e  fitti canneti. Intorno, case di legno a palafitta (17 villaggi), pagode bianche che sembrano appoggiate sull'acqua, templi. E i famosi orti galleggianti, fertili barene di alghe e bambù dove cresce il 40 per cento dei pomodori birmani. (viaggi.corriere.it)



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